Per dirla col mezzofondista burundese Vénuste Niyongabo, campione olimpico ad Atlanta nel 96, “La corsa è la cosa più vicina alla libertà”. Qualcosa di simile deve aver avvertito Sergio Rozzi alla fine degli anni 80, quando, per motivi fisici e per vicissitudini vischiose imposte dalla vita, decide di rimettere in moto il proprio corpo e, attraverso il corpo, riallenare la propria coscienza.
Con un’esperienza da calciatore alle spalle – agli inizi degli anni ’70 era in forza al Frosinone in serie C e veniva definito il terzino di ferro – cerca nella corsa il mezzo per sfuggire alla gabbia in cui si sente costretto. Una gabbia in cui percepisce che la vita sedentaria e la routine quotidiana lo vanno sempre più fiaccando e immalinconendo. La corsa: perché la corsa non ha bisogno di particolari sovrastrutture materiali o ideologiche, di organizzazioni complesse. Bastano un paio di scarpe da ginnastica, una maglietta e pantaloncini e quando si vuole, dove si vuole, si dà ritmo alle gambe. Nella corsa esistono solo la fatica del corpo, i pensieri più riposti e un percorso da portare a termine. In questo senso la corsa è prossima alla libertà.
Ed è così che Sergio nella solitudine dei propri pensieri, con muscoli indolenziti, tra sudore e sogni, riprende ad ascoltare il proprio corpo, il proprio respiro e a riacquistare la percezione della propria intimità con idee che solo lo sforzo della corsa suggerisce.
A quei tempi la corsa come fitness non era pratica diffusa, e nella Marsica destava meraviglia e ilarità vedere un solitario correre al sole o sotto la pioggia, a volte rincorso da un cane ringhiante ed esposto al pericolo del traffico automobilistico.
1988. Romacapitale
Dopo qualche mese di questa pratica spontaneistica e volontaristica, in assenza di una preparazione idonea, con conoscenze tecniche men che scarse, attrezzatura inadeguata (scarpe da tennis inadatte alla corsa) e rifornimenti insufficienti e inappropriati, Sergio si avventura da solo verso la capitale per partecipare, il 20 novembre 1988, alla prima edizione della maratona Romacapitale (futura Maratona di Roma). Come prevedibile la prestazione non è esaltante, tempo 3h40 circa (la gara è vinta dal keniano Sam Ngatiada in 2:16:46, primo degli italiani Alessio Faustini in 2:16:55, prima tra le donne Maria Curatolo in 2:39:33). Ma l’obiettivo vero è comunque raggiunto: dimostrare a se stessi di poter portare a termine l’impresa, di poter giungere, anche ottenebrato dalla fatica, al traguardo.
L’esperienza di Roma fa comunque comprendere a Sergio che per continuare c’è bisogno di allenamenti più specifici, di esperienze tecniche mirate, della consultazione di esperti ed allenatori.
1989. ADT London Marathon
Incominciato a fare sul serio con allenamenti appropriati e conoscenze tecniche non empiriche, e prestando attenzione a chi ne sa di più, dopo qualche mese si getta in una nuova missione: London. La maratona di Londra, 23 aprile 1989 (ufficialmente: ADT London-Marathon 1989) è la nona edizione della manifestazione podistica annuale che si svolge nella capitale del Regno Unito. Un percorso molto suggestivo, strade assiepate di pubblico e tifosi scatenati che spronano gli atleti metro dopo metro, tra loro tanti bambini. Un tracciato molto tecnico e molto veloce. Qui convengono atleti da tutti i continenti. La gara è vinta dal keniano Douglas Wakiihuri in 2:09:03, per le donne da Veronique Marot del regno Unito in 2:25:56. Sergio compie il percorso in 3:04.
1989. New York City Marathon
Londra segna una svolta. Le sedute di allenamento si intensificano, le conoscenze tecniche si accumulano, partecipazioni occasionali a qualche gara locale e un’idea fissa: una vita senza la corsa non avrebbe ragione di essere. E sotto sotto c’è un sogno, il sogno di tutti i maratoneti: Big Apple.
Di tasca propria, con un contributo di 300 mila lire della Cassa Rurale di Civitella Alfedena e una maglia con la scritta CPS, un piccolo laboratorio serigrafico gestito da Giancarlo Felli, Sergio raggiunge la Grande Mela. Ha come compagni di viaggio un gruppo di maratoneti italiani che si radunano intorno alla rivista Correre.
La 20ª edizione della New York Marathon, manifestazione annuale statunitense, che si tiene la prima domenica di novembre, ha luogo il 5 novembre 1989. L’esperienza è di quelle che lasciano il segno. Per un maratoneta correre a New York è il coronamento di un sogno che a volte ti fa nascere o rinascere, proprio ciò di cui Sergio Rozzi aveva bisogno. Gli allenamenti a Central Park con gente di tutti i paesi del mondo sono entusiasmanti, consentono di stringere un gran numero di amicizie con persone tra le più diverse. Il clima che si respira è quello della pace tra i popoli e alla pace è dedicata una piccola gara di 7 km che si svolge il giorno prima della grande kermesse e che termina davanti alla sede dell’ONU.
La maratona, snodandosi attraverso tutti e cinque i distretti di New York City, mette in luce tutte le sfaccettature della grande metropoli americana, dai settori ricchi come quello di Manhattan a quelli poveri e sordidi come il Bronx.
Una delle cose che resterà comunque indelebile nella memoria di Sergio è la partecipazione e l’entusiasmo contagioso dei newyorkesi nei confronti della manifestazione e degli atleti che vi partecipano, considerati quasi dei piccoli dei. «Al ritorno in hotel da Central Park – ricorda Sergio -, dopo la gara ed il consueto scambio di maglie, circa 3 km a piedi, con la medaglia al collo, tutte le persone che incontravo profondevano verso di me entusiastici complimenti. Il giorno dopo, lunedì, tutt’altra musica, tutti al lavoro come se niente fosse stato.»
La competizione è vinta per gli uomini da Juma Ikangaa della Tansania in 2:08:01 e per le donne dalla norvegese Ingrid Kristiansen in 2:25:30. La prova di Sergio è pregevole e conferma la bontà della sua preparazione, per la prima volta corre una maratona sotto le 3 ore (02:58:45).
Dopo New York, circa un mese dopo, a novembre, Sergio è alla Maratona di Firenze. Di qui sarà presente a numerosissime maratone classiche in Italia: Venezia, Milano, nuovamente Firenze, ecc.
Ultramaratone
Nel frattempo va pensando di coniugare la passione per la corsa con l’altro suo grande amore: la montagna. Inizia ad allenarsi lungo le salite del Parco Nazionale d’Abruzzo, ciò gli consente di predisporre il corpo per fatiche più lunghe dei 42,195 km canonici della maratona classica e partecipa alla Pistoia-Abetone (53 km), alla 50 miglia di Romagna, ai 100 km del Passatore, ed altre. È un periodo molto intenso, agli allenamenti in montagna affianca un’esperienza con l’atletica leggera e con la Podistica Avezzano partecipa ai campionati italiani outdoor di Cesenatico (classificandosi secondo di categoria sia nei 400 che negli 800 piani) e ai campionati italiani indoor di Torino (anche qui classificandosi secondo di categoria sia nei 400 che negli 800 piani).
Dello stesso periodo è la frequentazione del Centro Marathon di Brescia e la conoscenza, trasformatasi poi in stretta amicizia, con Gabriele Rosa, medico dello sport e dirigente del centro bresciano. I rapporti tra Sergio Rozzi e Gabriele Rosa perdurano tutt’oggi e hanno dato vita nel tempo a numerose sinergie nell’organizzazione di eventi sportivi e non solo.
Ma il tratto più significativo delle esperienze di questo periodo è costituito dal fatto che allenamenti in montagna e partecipazione a ultramaratone risulteranno fondamentali per le successive imprese estreme, prima tra tutte quella dell’Everest.
Correre aumenta la voglia di correre, correre da soli contro e con i propri limiti, percependo il ritmo dei muscoli, del cuore e del fiatone, lanciati verso il silenzio della libertà.